E’ il dialogo con la materia, nella dimensione del plasmare, del modellare, del forgiare, il filo rosso che tiene in piedi, da un cinquantennio, la vicenda plastica di Giuseppe Pirozzi. Una vicenda attraversata da un’energia creativa che, da questo rapporto privilegiato, considerando la prevalente scelta del bronzo, passa alla forma e al contenuto che questa sottende. Un formare che per Pirozzi è dare importanza, secondo quanto sottolineava il Focillon “al peso, alla densità, alla luce, al colore”. Senza dubbio l’artista asseconda questa idea della tridimensionalità, insistendo da un lato sulla centralità della forma e dall’altro sulla possibilità di riportare la materia al piano pittorico. In sostanza Pirozzi dialoga con essa seguendo la traccia di allusive sollecitazioni memoriali. E’ un dar fondo al proprio immaginario, contrapponendo nuclei plastici a distese campiture, scavando fino al risultato di una forma imbastita tra la consistenza del corpo centrale e la dissolvenza della stessa materia che si fa segno, linea che scrive lo spazio, imbastendo al tempo stesso un dialogo con esso. E’ del resto lungo un dettato espressivo che l’esperienza di Pirozzi si rapporta al quotidiano, profilando in esso una narrazione personale, declinata secondo una spazialità aperta all’immagine, alla forma che è frammento, cifra, sigla, recupero classico, tempo cioè della memoria. (estratto, A.P. Fiorillo)