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Mediterraneo: Keramikos 2020

Mediterraneo: Keramikos 2020

Inaugurata venerdì 20 dicembre 2019 al Museo Duca di Martina di Napoli, la mostra di scultura ceramica contemporanea “Mediterraneo: Keramikos 2020” presenta il lavoro di 26 artisti sul tema del Mediterraneo affrontato secondo due differenti approcci concettuali: memoria e metafora. 

L’esposizione, a cura di Lorenzo Fiorucci, organizzata dall’Associazione culturale Magazzini della Lupa di Tuscania, in collaborazione con il Polo museale della Campania e il Museo Duca di Martina è visitabile fino al 18 marzo 2020. 

Nell’ambito di un progetto di valorizzazione complessiva della scultura ceramica, l’idea di scegliere il Mediterraneo come filo conduttore, consente agli artisti di riflettere sulla ceramica stessa e sulla sua storia, presente e passata, di cui offrono importanti testimonianze anche le collezioni del Museo Duca di Martina, con le proprie ricerche e sperimentazioni. 

Il Mediterraneo “è il filo conduttore che lega Napoli, la sua storia e la sua cultura, alla materia prima per eccellenza: la terra, con cui nei secoli l’uomo ha elaborato forme, narrato storie, impresso credenze, mescolato culture talvolta molto lontane e diverse, capaci oggi di offrire suggestioni formali, evocare itinerari, memorie di viaggi che riecheggiano”. 

Tre le sezioni della mostra:  

Omaggi
rappresenta un tributo a quattro maestri della scultura del Novecento: Clara Garesio, Muky, Giuseppe Pirozzi e Franco Summa
Memoria del Mediterraneo
Toni Bellucci, Andrea Caruso, Tonina Cecchetti, Eraldo Chiucchiù, Giorgio Crisafi, Carla Francucci, Evandro Gabrieli, Mirna Manni, Sabine Pagliarulo, Angela Palmarelli, Antonio Taschini
Metafora del Mediterraneo
Rosana Antonelli, Luca Baldelli, Massimo Luccioli, Massimo Melloni, Riccardo Monachesi, Sabino de Nichilo, Marta Palmieri, Attilio Quintili, Mara Ruzza, Stefano Soddu, Alfonso Talotta.
 

La mostra è corredata da un catalogo edito da Freemocco, con presentazione di Anna Imponente, introduzione di Luisa Ambrosio e testi di Valentina Fabiani, Lorenzo Fiorucci, Domenico Iaracà, Francesca Pirozzi, Marco Maria Polloniato. 

(Ri)pensare il Mediterraneo dal punto di vista dell’artista

Pensare al Mediterraneo, non tanto come spazio fisico delimitato dalle sue antichissime rive, ma come topografia dello spirito e come oggetto di un confronto in scultura, vuol dire in qualche modo rifarsi a quello spirito mediterraneo che, come scriveva l’intellettuale-artista Albert Camus, «anima la lunga tradizione del cosiddetto pensiero solare in cui, dai Greci, la natura è sempre stata equilibrata al divenire» e nel quale «l’assolutismo storico, nonostante i suoi trionfi, non ha mai cessato di urtarsi all’esigenza invincibile della natura umana di cui il Mediterraneo, dove l’intelligenza è sorella della luce cruda, serba il segreto» . E non a caso per Camus l’artista è colui che meglio di chiunque altro può elaborare una riflessione aperta, libera e vera sul Mare nostrum, essendo capace di gettare lo sguardo oltre le gabbie della ragione e di liberare le idee dalla logica dell’utile e dai pregiudizi del sapere, per approdare a un pensiero che sia tutt’uno con il sentimento e nel quale si riveli l’intima parentela dell’essere umano con il mondo.

[…] È la memoria invece, nel caso di Giuseppe Pirozzi, il fulcro più sensibile e generativo di quel pensiero creativo che riflette sull’orizzonte storico e culturale mediterraneo: «memoria – come scrive Enrico Crispolti – per accumulazione interferente e compenetrante di frammenti oggettuali vagamente allusivi in una come di fatto smemorata quotidianità d’un passato appunto reificabile attraverso la ricorrente modalità di possibili combinazioni». In tal senso, l’artista utilizza il linguaggio della scultura per esplorare i luoghi metafisici della mente nei quali gli echi delle remote origini partenopee – radicate nel mito omerico – si intrecciano a immagini frammentarie del vissuto e del bagaglio formativo personale, anche nutrito di contemplazioni giovanili alle raccolte archeologiche locali e ai siti magnogreci. A partire da tali tracce mnemonico-iconografiche Pirozzi riproduce nel corpo della scultura l’immagine metaforica di quella condizione originaria di unità e di relazione nella diversità che ha rappresentato dall’antichità un fertile terreno per lo sviluppo delle civiltà mediterranee e della cultura occidentale e che da sola può oggi restituire senso e verità all’esistenza dell’umanità tutta.
Protagonista del processo poietico nella produzione scultorea in bronzo – alla quale lo scultore ha affidato la propria espressione creativa per la gran parte del suo percorso di ricerca –, la modellazione dell’argilla da parte dell’artista ha mutato la propria destinazione nell’ultimo decennio per dar vita a una nuova progenie di opere in terracotta, medium attualmente privilegiato da Pirozzi per interpretare e trasfigurare la realtà nel linguaggio dell’arte. Si tratta di un passaggio che produce inevitabili ricadute, non tanto nella grammatica compositiva o nel patrimonio visivo-immaginativo adottati da Pirozzi, quanto nell’impatto emotivo e allusivo che il messaggio artistico veicolato dal mezzo ceramico produce nello sguardo dell’osservatore. Come scrive Rino Mele: «le sue terrecotte sono il livello elementare di una sintassi necessaria, il drammatico passaggio dall’inorganico all’interpretazione che il fuoco costruisce di quella radice originaria, dove la terra somiglia alla carne e ha la bocca del desiderio. Rispetto ai suoi bronzi, esse mostrano ciò che quelli eludono, la realtà profonda alla quale non possiamo sottrarci e contro cui, alla fine, la forza del tempo riconduce. Mentre i bronzi spingono verso la superficie levigata delle cose – il riflesso barocco e funebre del loro apparire – le terrecotte ci portano nella cella nascosta di ciò che desiderando temiamo, quell’intimità del delirio che ogni oggetto inutilmente nasconde» . In più, gradualmente, la produzione fittile di Pirozzi si è andata arricchendo di una sempre più significativa componente coloristica ottenuta con la tecnica dell’ingobbio, grazie alla quale l’opposizione dialettica, tipica del suo lavoro, tra luci e ombre, tra anfratti e sporgenze, tra andamenti plastici convulsi e grumosi e piani compatti e/o morbidamente distesi, è esaltata da modulazioni di delicati valori cromatici simili a naturali patinature del tempo. Ne sono un emblema le opere della serie titolata Preghiere, che l’artista ha realizzato nell’ultimo lustro, con un’applicazione assidua, devota e quasi rituale alla pratica scultorea: un invito a volgere l’attenzione oltre l’io e a liberarsi dalle sovrastrutture e dai preconcetti che pervadono la società contemporanea – sempre più incline a superficialità e individualismi – per guardare all’uomo, nella sua dimensione esistenziale più vera e profonda.
Già esposte in una suggestiva sequenza di cento esemplari nella sacrestia della chiesa di Sant’Erasmo nel Castel Sant’Elmo di Napoli, in occasione della personale Rudera (2017-18), curata da Enrico Crispolti, le Preghiere di Pirozzi sono oggi partecipi di Respiro, l’opera pensata per Keramikos 2020. Disseminate di segni, simboli e frammenti figurali, queste formelle policrome rimandano a carteggi, codici, antichi reperti che ci parlano di un passato in qualche modo ancora vivo, presente e carico di valenze e insegnamenti. Immerse in una sorta di paesaggio marino notturno, esse si presentano in modo scomposto, come affioranti alla superficie dagli abissi profondi della coscienza. Le loro sono voci di un coro tragico, ora più sommesse, ora più acute, gravitanti intorno a una sorta di pila, di assolo o corpo centrale, sul quale si accumulano rovine di evocativa apparenza archeologica, e su cui l’artista interviene con puntelli, come a volerne cristallizzare l’assetto, nel tentativo di impedirne il disfacimento e l’oblio. […] 

Francesca Pirozzi

Il senso del sacro

Il senso del sacro

Giuseppe Pirozzi partecipa con l’opera “Altri sensi” alla mostra “Il senso del sacro”, nel Convento di San Domenico Maggiore – Sala del Refettorio a Napoli. Inaugurazione lunedì 17 settembre h 18,00, periodo espositivo: 18 settembre – 20 ottobre 2018. Catalogo pubblicato da Elio de Rosa editore con coordinamento redazionale di Luciana Mascia e con testi di Luigi Caramiello, Clementina Gily Reda, Luciana Mascia, Rosario Pinto. Artisti: Enzo Angiuoni, Vincenzo Aulitto, Angelo Casciello, Carlo Cordua, Carlo Cottone, Fortunato Danise, Carmen de Rosa, Antonio Del Prete, Giuseppe Di Franco, Michele Di Martino, Antonio Di Rosa, Ellen G., Salvatore Esposito, Sofia Ferraioli, Luciano Ferrara, Giovanni Ferrenti, Diana Franco, Stelvio Gambardella, Clara Garesio, Felice Garofano, Mario Iaione, Carlo Improta, Giuseppe Leone, Franco Lista, Luciana Mascia, Lina Modola, Maya Pacifico, Filomena Pagnani, Fabio Perricone, Maria Petraccone, Carlo Ravaioli, Ciro Riccardi, Michele Roccotelli, Elena Saponaro, Marinella Tortora, Lucio Valente e Salvatore Vitagliano.

Giuseppe Pirozzi. Preghiere in terracotta

Giuseppe Pirozzi. Preghiere in terracotta

Sabato 24 febbraio alle ore 18,00 alla Galleria del Carbone di Ferrara s’inaugura la mostra di sculture di Giuseppe Pirozzi Preghiere in terracotta a cura di Luca Pietro Nicoletti. L’iniziativa culturale gode del Patrocinio del Comune di Ferrara. L’artista sarà presente in galleria venerdì 9 e sabato 10 marzo.
Il titolo dell’esposizione è tratto dall’opera Preghiere, costituita da cento formelle in terracotta ingobbiata plasmate dallo scultore negli ultimi quattro anni, una selezione delle più recenti delle quali è presentata in mostra. A proposito della scultura di Pirozzi il curatore Luca Pietro Nicoletti scrive: «La logica narrativa, nel tempo, si è perfezionata per Pirozzi con l’inserimento di nuovi temi ma non è cambiata nella sua sostanza: anche una volta approdato alla terracotta colorata, giocata alternando ingobbi bianchi e neri al colore naturale del biscotto, il racconto si svolge sempre per accumulo di elementi, come se la scultura fosse diventata un deposito in cui le immagini si stratificano e assumono la loro sostanza di memorie liberamente sovrapposte. Allo stesso tempo, poi, si chiarisce la natura grafica della scultura di Pirozzi, che in molti casi diventa quasi un disegno a rilievo, in cui la forma è avvinta fra l’essere inglobata o fuoriuscire dal piano. […] È così che si giunge alla lunga serie delle Preghiere, piccole composizioni come cose fatte velocemente (nel tempo di una “preghiera” appunto) come pensieri concentrati in uno spazio ridotto e con umili oggetti. Estranei alla liturgia e all’iconografia del sacro, questi rilievi di minuta dimensione sono i nuovi approdi del racconto visivo, che ricordano la loro naturale radice nella cultura dell’informale, nella sensibilità epidermica per la superficie che si increspa, che dichiara la propria natura di materia manipolata con poveri mezzi, con gesto concentrato e assorto, frugale e intimo. Nel deposito della memoria, la vertigine della lista diventa un nuovo, riservato e non retorico racconto» (La terracotta di Pirozzi, estratto, 2018).
Informazioni:
Galleria del Carbone, Vicolo del Carbone, 18/a – 44121 Ferrara
tel. 393 9546489, galleriadelcarbone@gmail.com
orari: dal mercoledì al venerdì 17.00-20.00; sabato e festivi: 11.00-12.30 e 17.00-20.00; lunedì e martedì chiuso

Rudera. Sculture in terracotta 2007-2017

Rudera. Sculture in terracotta 2007-2017

Venerdì 13 ottobre 2017, alle ore 17,00, al Museo Novecento a Napoli e nella chiesa di Sant’Erasmo sulla Piazza d’Armi di Castel Sant’Elmo a Napoli si è inaugurata la mostra di sculture di Giuseppe Pirozzi Rudera. Sculture in terracotta 2007-2017 a cura di Enrico Crispolti. La mostra prosegue fino al 31 gennaio 2018 con orari 9.30-17.00 (martedì chiuso).

Il titolo dell’esposizione è tratto dalla poesia “Rudera”, composta da Michele Sovente per la scultura di Giuseppe Pirozzi. La mostra si articola in tre spazi diversi del Castel Sant’Elmo: nel Museo è presentata una selezione di opere in bronzo che testimonia le fasi principali del percorso di ricerca artistica dello scultore, dagli esordi degli anni Cinquanta a oggi. La chiesa di Sant’Erasmo – che per la prima volta si aggiunge agli spazi espositivi – accoglie venticinque sculture in terracotta, in gran parte inedite, realizzate dall’artista nell’ultimo decennio. Infine, nella sagrestia della stessa si trova l’istallazione Preghiere, costituita da cento formelle in terracotta ingobbiata, plasmate con continuità rituale dallo scultore negli ultimi quattro anni e allestite a parete come opera unica.

Il curatore Enrico Crispolti definisce le opere esposte: «Marchingegni immaginativi, nei quali con grande disinvoltura e maestria plastica, Pirozzi propone come delle occasioni di divagazione inventiva, offerte con un garbo quasi di “capriccio” appunto plastico settecentesco. In cui la componente ludico immaginativa, attraverso un riscontro sincretico di possibili ricordi e suggestioni, si fa occasione di circostanziata, plausibile, provazione plastica. Occasioni d’immaginare allusivamente, in una gamma assai ampia di invenzioni, combinazioni, soluzioni, il cui senso credo risieda tutto nell’offerta, molto svariata, d’un possibile repertorio di sapienti provocazioni plastiche combinatoriamente appunto allusive. Raramente tuttavia insinuandovisi un accento monitoriamente drammatico. […] Mentre nell’adiacente sacrestia, Pirozzi propone un’installazione ambientale costituita dall’allestimento compattato su un’unica parete di cento piccole formelle […] La vivacità della cui breve ma evocativamente e direi umoralmente intensa e svariatissima invenzione, sia iconico-plastica che di caratterizzazione cromatica, in piccole superfici dunque variopinte ciascuna diversa e a suo modo spiazzante, costituisce, quasi attraverso un fitto regolare insieme di immaginifici, misteriosamente allusivi ex-voto, un insieme a suo modo unico, e al tempo stesso d’un di volta in volta sfogliabile insieme di pagine tanto uniche quanto complessivamente, come qui appunto, memorialmente connettibili» (Per il sincretismo iconico memoriale di Pirozzi, inoltrandosi nel Duemila, estratto, 2017).

La collezione permanente del Museo Novecento a Napoli include due opere dell’artista: Figura in movimento (1956) e Venerato ricordo (1966).

Catalogo edito da Editalfa, testi di Anna Imponente, Anna Maria Romano, Enrico Crispolti, Gabriele Frasca, Ugo Vuoso, Claudia Borrelli, Francesca Pirozzi.

Ceramica: FormaMateriaColore

Ceramica: FormaMateriaColore

Tri-personale di scultura ceramica di Clara Garesio, Ellen G. e Giuseppe Pirozzi, a cura di Gabriella Taddeo, testo critico di Clorinda Irace, con il Patrocinio del Comune di Salerno e del Comune di Atrani (SA).  Vernissage: sabato 21 maggio 2016 h 18.00, Museo Città Creativa di Ogliara, Via Ogliara, 127/143 – Salerno. Dal 21 maggio al 15 luglio 2016. 

La mostra “Ceramica: Forma Materia Colore” degli artisti Clara Garesio, Ellen G. e Giuseppe Pirozzi al Museo Città Creativa di Ogliara Salerno, intende proporre – come scrive la curatrice – «tre diverse declinazioni del linguaggio ceramico e nello stesso tempo indagare il tema di una attuale famiglia di artisti. Giuseppe Pirozzi, ex-docente all’Accademia di Belle Arti di Napoli, fin dagli anni ’50 si è confrontato con la contemporaneità prevalentemente nel campo della scultura, scegliendo come materia d‘elezione il bronzo, ma dedicandosi nell’ultimo decennio prevalentemente alla terracotta, facendo affiorare dalla materia argillosa archetipi e immagini della memoria; Clara Garesio – sua moglie – è ceramista di formazione faentina ed opera da sempre nell’arte ceramica e nella didattica, sperimentando molteplici tecniche e linguaggi, dalla maiolica, al grés, alla porcellana, alla terracotta decorata con originali smalti policromi, privilegiando la ricerca sul colore e sulla superficie; Ellen G., architetto, storico dell’arte e artista – loro figlia – si esprime con un linguaggio centrato sulla costruzione razionale della forma plasmata nella terracotta e ricoperta da sobrie cromie ad ingobbio o smalto, nascono così forme atemporali, arricchite da allusioni simboliche universali. In altre parole da una stessa atmosfera familiare, da una stessa radice si diramano tre vitalità artistiche particolari, eterogenee fra loro, ma ognuna di notevole, indiscusso spessore».

 

Una scultura di Giuseppe Pirozzi simbolo del Premio Guido Dorso

Una scultura di Giuseppe Pirozzi simbolo del Premio Guido Dorso

 

Il simbolo del Premio “Guido Dorso” è stato realizzato dallo scultore napoletano Giuseppe Pirozzi, destinatario del Premio Dorso nel 1980 per la Sezione Cultura, che nel 1988 volle firmare un progetto che aveva in animo da tempo. Scultore di fama europea, Pirozzi ha insegnato Plastica Ornamentale all’Accademia di Belle Arti di Napoli.

Su di una faccia della scultura ideata per il Premio è incisa la firma di Guido Dorso. La firma dell’illustre meridionalista è stata così inserita nel contesto plastico per far parte del simbolo che lo onora e che premia uomini che spendono le proprie energie a favore del Sud dell’Italia. Dalla firma di Guido Dorso partono elementi-vettori in germinazione, la cui verticalità sottolinea una crescita, una rinascita. I rami di questa germinazione si estroflettono dall’elemento basilare circolare e tra pieghe e rientranze formano e determinano una forma tesa a sollevarsi da una situazione tormentata per raggiungere una sofferta catarsi. Questa creazione di Giuseppe Pirozzi fissa le spinte meridionalistiche di rinascita che si proiettano nell’avvenire.